L’ultima sfida nel far west padano

1º Premio Europa 2008 – La narrativa gialla & noir al femminile

 

Una nebbiolina impalpabile si alzava dalla terra, impregnando le zolle e i cigli della strada.

L’aria di novembre, che sapeva di stalla, avvolgeva i casolari della bassa Padana in una sorta di velo protettivo, evocando atmosfere contadine di altri tempi, fatte di bolliti e di mostarde, di cappelletti affogati in un mare di brodo fumante e di salumi superbi.

– Ma dove diavolo si trova il bivio per Sassuolo? Queste strade sono tutte uguali … – Si lamentò Virginia, sbadigliando con il viso schiacciato contro un finestrino della Toyota.

– Pensavi forse di andare nel Gran Canyon? – osservò ironicamente Lorenzo, masticando annoiato una gomma che non sapeva più di niente.

La madre di Virginia consultava una cartina stradale, cercando invano di orientarsi in quel groviglio di strade diritte, che finivano tutte in una piazza con un’edicola, una chiesa e un bar o, nel peggiore dei casi, in un’aia deserta, uguale a mille altre sparse in quella pianura uniforme che si perdeva all’orizzonte.

– Fra duecento metri, girare a destra… – gracchiava il navigatore con la sua gelida voce da replicante.

– Giorgio, fai tacere immediatamente quell’arnese diabolico! Sono due ore che ci prende in giro, facendoci girare a vuoto…Ecco, guarda, quella rotonda l’abbiamo già fatta tre volte! –

La donna sembrava veramente disperata! Si accese una sigaretta con un gesto nervoso, lanciando in aria la cartina, con un gesto di rassegnata ribellione.

– Senti un po’, Tilde, ora io mi fermo qui, in mezzo ai maiali e i ragazzi, invece di fare la gimkana su quei ronzini ritardati, si mettono a giocare a mosca cieca intorno a quel casale laggiù. All’ora di pranzo ci infiliamo in una bella trattoria e facciamo la festa a una montagna di tortellini e a una bella bottiglia di lambrusco… Tanto, ammettendo pure di trovare questo dannato centro ippico, la gara sarà già incominciata e, di sicuro, vinceranno quelli del posto, che hanno avuto tutto il tempo di studiare il percorso. –

Lorenzo aprì il finestrino e, con perfetto tempismo, fece in tempo a sputare la gomma proprio sul parabrezza di un vespino sgangherato, che li stava sorpassando da destra: – Ecco il cartello, guardate là: Sassuolo, Formiggine… Ci siamo! Giorgio, volta a sinistra!–

Il padre di Virginia frenò bruscamente, il pescatore che guidava il vespino, tutto intirizzito nel suo impermeabile troppo leggero, gli rivolse un epiteto incomprensibile ma sicuramente non troppo benevolo.

Pochi minuti dopo, La Toyota impolverata si immise sbuffando in un sentiero sterrato, in fondo al quale un vistoso cartello indicava la direzione giusta per raggiungere il noto centro ippico Crevalcore.

I due ragazzi raggiunsero di corsa il van dal quale stavano scendendo un Appaloosa dal mantello maculato e un Avelignese color miele, con la coda acconciata in una lunga treccia.

Linda, l’istruttrice, li salutò con un gesto impaziente della mano, mentre con l’altra cercava di strigliare un terzo cavallo, con una grossa spazzola dai denti di ferro.

Lorenzo si precipitò verso di lei, affondando gli stivali nel fango, mentre Virginia si allacciava il cap, senza smettere di correre.

– Forza, ragazzi, sbrigatevi! Avete il tesserino? Andatevi ad iscrivere laggiù in fondo, dietro le stalle. Svelti, sennò non ci fanno gareggiare… – Urlò Osvaldo, un omone con la camicia a quadri, titolare del maneggio dove i ragazzi si esercitavano da anni nella monta western.

Un improvviso raggio di sole tagliò la nebbia e l’odore acre di stalla misto a quello della terra umida penetrò nelle narici dei due ragazzi. L’eccitazione per la gara imminente si mischiò alla scanzonata felicità di quella corsa selvaggia e imprevista.

L’Avelignese si accostò ad un secchio e vi immerse il muso, bevendo avidamente, mentre Linda si puliva il dorso delle mani sui jeans attillati: – Mi raccomando, ragazzi – li istruì non appena ricomparvero con i tesserini della Federazione fra le mani – la gara è impegnativa e dovete memorizzare il percorso attentamente, senza farvi prendere dall’agitazione. Tu, Virginia, cerca di stare calma e di valutare i tempi …Se sei nervosa, Circe se ne accorge e si mette a fare i capricci. E tu, Lorenzo, cerca di concentrarti un po’ più del solito! –

I genitori di Virginia si avviarono, verso le tribune del campo di gara, litigando affettuosamente come facevano ogni volta che la loro figlia doveva affrontare un concorso e dovevano imporsi di non sembrare troppo assillanti e competitivi.

– E’ possibile che ogni volta che la bambina fa una gara, tu ti dimentichi di caricare la batteria della telecamera? Secondo me, lo fai apposta! Magari, oggi arriva prima e noi rimaniamo senza nessun ricordo! –

– Non essere tragica, Tilde, c’è sempre la macchina fotografica digitale, che rende meglio del filmino. E poi, questa volta, mi sa che né Virginia, né Lorenzo riusciranno a piazzarsi ai primi posti. Non lo vedi quanti concorrenti ci sono? Guarda là, questi si allenano tutti i giorni! Hai visto che ambiente? Si vede che da queste parti ci sono tanti soldi… –

– Sarà….– fece dubbiosa la moglie – ma tutto questo fango e questo tanfo di stalla mi danno proprio allo stomaco! –

– Vedrai, Tilde – cercò di rincuorarla il marito – dopo la gara si va a mangiare un bel bollito e ti passa anche la nausea. Ora, mi raccomando, non ti mettere a urlare come fai di solito, quando Virginia fa la gimkana. Tu lo sai che non bisogna esagerare. L’ha detto anche lo psicologo che i ragazzi non devono sentire l’ansia da prestazione e che, anche se perdono, va bene lo stesso… –

–Va bene un accidente! Con tutti i soldi che spendiamo per mandarla a cavallo, ci mancherebbe anche che arrivasse ultima!Giuro che, se non vince nemmeno questa volta, la rimando a fare danza jazz e non voglio più vedere frustini e speroni sparsi per casa. Almeno il body della danza non puzza di sterco e le scarpe non si inzuppano di fango! –

– Svelta, Tilde, stanno per incominciare! Se continui a discutere, finisce che non troviamo posto a sedere. Dai, su, sali….attenta… –

I due si erano appena sistemati in seconda fila, che un tipo che sembrava uscito da un film di Sergio Leone andò ad occupare proprio il sedile davanti a loro, impedendo la vista con il suo largo cappello da cow boy.

– Ora, ci mancava anche John Wayne! Mi scusi, signore, ma così non vediamo un bel nulla! –

Lo sceriffo emiliano si voltò verso di loro e con un sorriso gioviale, si tolse il cappello, lasciando scoperto un testone gigantesco sul quale troneggiava una gran massa di folti riccioli rossi, perfettamente intonati alla camicia a scacchi e al fazzolettone annodato intorno al collo.

Frattanto le prime note assordanti di una canzone da far west uscirono dagli altoparlanti, mentre una torma di ragazzetti di ogni età sgambettava negli stivali troppo grandi, con il visino arrossato semicoperto dai cap azzurri.

Virginia, tutta intenta a studiare le difficoltà del percorso, non fece caso alla madre, che agitava ambedue le mani, cercando di attirare la sua attenzione.

Lorenzo la vide e le strizzò un occhio con aria complice, mentre un omino smilzo distribuiva la sabbia in modo uniforme sulla pista, punteggiata di ostacoli da evitare , di cancelli da aprire e di altre insidie diabolicamente disseminate ovunque.

Il tutto per rendere ancora più ardua la vittoria a quei giovani cavalieri, abituati alle sfide delle play station e dei game boy!

I due giudici di gara sedevano impettiti in mezzo alla pista, cronometrando puntigliosamente i tempi e penalizzando chi faceva crollare pali e bidoni.

La donna, una specie di Calamity Jane emiliana, dai tratti asciutti e impenetrabili, scuoteva inflessibile la lunga treccia sotto il cappello, ogni volta che qualche ragazzino, in preda all’adrenalina, tentava incautamente di aggirare un ostacolo.

L’uomo, invece, sembrava alquanto annoiato e osservava la gara con flemmatico distacco, limitandosi a detergersi la fronte con un fazzoletto.

I genitori di Virginia erano sempre più impazienti.

– Ma quando tocca a lei? Speriamo che non abbia sgualcito la camicia, altrimenti rischia di essere eliminata! – sbottò la madre, sporgendosi in avanti per controllare il cancello di entrata dei concorrenti.

Frattanto, un ragazzino grassoccio in sella ad un Andaluso catatonico aveva appena terminato la sua gara, con un tempo di due minuti e trenta secondi , più trenta di penalità. Decisamente senza alcuna speranza!

Subito dopo, l’altoparlante annunciò la concorrente successiva: Virginia Berti, in sella a Circe!

La madre serrò la mascella, strinse i pugni e urlò come una forsennata: – Dai Virginia! – mentre il padre si alzò in piedi con l’obiettivo pronto a immortalare le gesta dell’amazzone di famiglia.

Circe si avviò docile verso il cancello, con il passo diligente di chi si è preparata la lezione. La ragazzina lo aprì, spostò il cappellino da un palo all’altro, dopodiché oltrepassò i pali paralleli posti per terra e si diresse al galoppo verso l’ostacolo successivo.

Alla fine del percorso, il solito altoparlante annunciò il tempo: – Un minuto e cinque secondi. Nessuna penalità! –

La madre esultò con voce stridula, rischiando di perforare il timpano al John Wayne della fila davanti: – Brava Virgy, sei grande! –

Il padre tacque, compiaciuto e finalmente rilassato.

La prova di Lorenzo fu meno fortunata: il suo Ruggero partì bene ma perse tempo davanti alle parallele e il ragazzo dovette ritornare indietro, perdendo secondi preziosi. Peccato, il suo tempo gli tolse ogni speranza di piazzarsi ai primi posti: un minuto e cinquantanove secondi, più quindici di penalità!

Lorenzo si avviò verso l’uscita con aria sconsolata, mentre Virginia gli andava incontro per consolarlo sportivamente, dall’alto della ormai certa vittoria.

Mentre la musica di “Oh Susanna, dont’ cry for me” si diffondeva a squarciagola per la tribuna, l’altoparlante chiamò l’ultimo concorrente: – Taylor Marconi su Saetta! –

Un ragazzo biondo e pallido, con due occhi azzurri dello stesso colore del fazzoletto che teneva intorno al collo, entrò in pista su un Quarter dalla groppa muscolosa.

Il giovane cavaliere, elegante e disinvolto nei gesti, lanciò un’occhiata verso le tribune, si chinò verso l’orecchio dell’animale, come a sussurrargli qualcosa, e si slanciò come un fulmine superando in un baleno tutti gli ostacoli.

Qualche spettatore applaudì, altri lo guardarono strabiliati: quel ragazzo era velocissimo e la sua gara terminò con un tempo invidiabile: cinquantotto secondi con nessuna penalità.

La vittoria era sua!

La madre di Virginia si morse il pugno per il dispetto, mentre il concorrente si allontanava, senza salutare nessuno degli spettatori. Solo quando fu ad un passo dall’uscita si voltò indietro e lanciò uno sguardo contrito in direzione di Virginia.

In quell’attimo alla ragazzina sembrò che gli occhi un po’ smarriti di quel compagno sconosciuto le chiedessero quasi scusa per averla superata . Si sentì lusingata da quel sorriso esangue e appena accennato.

A Lorenzo non sfuggì l’occhiata d’intesa fra i due e avvertì un improvvisa antipatia per quel ragazzetto magro, che, nonostante l’aspetto inoffensivo e quasi dimesso, aveva voluto recitare il ruolo del primo della classe, mettendosi in mostra con la sua migliore amica.

Gli venne spontaneo osservare in tono acido: – Dopo tutto che ti ha fregato la medaglia, ora fa anche il fighetto… Se fossi in lui mi cambierei la camicia. Non lo vedi che è tutta sporca di cenere? E lui puzza di fumo. Non l’hai sentito, quando è entrato in pista? Se i giudici osservassero davvero il regolamento, dovrebbero addirittura squalificarlo! –

Virginia non gli rispose. Era troppo intenta a seguire con lo sguardo il ragazzo biondo che si allontanava , tenendo il suo cavallo per le briglie.

– Seconda classificata: Virginia Berti su Circe! – Il giudice annoiato, che si era risvegliato dal suo torpore giusto in tempo per la premiazione, strinse la mano alla concorrente e le consegnò una coppa vistosa. La sua collega agitò la lunga treccia e fece altrettanto, senza mutare espressione.

Dalla tribuna si levò un applauso corale e la voce stridula della madre di Virginia sovrastò ogni altro rumore: – Brava, Virgy, sei la migliore!!!

Il padre si limitò a gongolare soddisfatto, fotografando la figlia in tutte le pose.

Ma quando l’altoparlante chiamò il vincitore, nessuno si presentò.

Il giudice rimase con la mano a mezz’aria, brandendo deluso la medaglia: – Primo classificato: Taylor Marconi su Saetta!Per favore, si presenti Taylor per la premiazione…

Ma il ragazzo non venne a ritirare il premio..

– Speriamo che sia andato a fare una doccia.! – osservò Lorenzo.

Fu proprio in quel momento che Virginia, nel tentativo di sfuggire all’abbraccio soffocante di sua madre, si portò la mano al collo e incominciò a tastarselo, alla ricerca del suo portafortuna: – Accidenti, non trovo più il cavallino di Swarovski che mi ha regalato Giulia! Dove sarà finito? –

– Vedrai che ti è caduto nello spogliatoio, mentre ti mettevi la camicia. Andiamo a recuperarlo! Lorenzo la prese per mano e la trascinò oltre le stalle, verso l’edificio dove si erano cambiati in fretta prima della gara.

– Guarda che ti sbagli, lo spogliatoio non è in quella direzione… Uffa, questo maneggio è gigantesco! Come fanno ad orientarsi con tutti questi fabbricati? A me sembrano tutti uguali..

– Fidati, ti dico che è quello laggiù! –

Virginia, già spossata per la gara, incominciò ad ansimare. E poi gli stivali erano troopo stretti e le facevano un gran male i piedi…

Lorenzo aprì la porta socchiusa della baracca e, appena entrato, si fermò esitante: quello non era lo spogliatoio! Eppure, a vederlo da fuori, gli sembrava lo stesso edificio dove si erano cambiati.

– Lo vedi che hai sbagliato… – lo rimbeccò Virginia, massaggiandosi una caviglia dolorante.

I due ragazzi entrarono nella stanza, dove una vecchia scrivania avvolta nella penombra faceva una triste compagnia ad una poltrona sfondata e ad uno scaffale polveroso, pieno di coppe e di fotografie .

Avvertirono entrambi una specie di inquieta curiosità e, al tempo stesso, una gran voglia di fuggire.

– Lorenzo, andiamo via… –

– Aspetta un momento… guarda che strano posto! Sembrerebbe una specie di ufficio… Ma qui, di sicuro, non ci viene nessuno da una vita… –

Virginia si mise a sbirciare sullo scaffale. Sembrava incantata da tutte quelle vecchie immagini di cavalli , di coppe e di cavalieri.

Ad un tratto sobbalzò, prese l’amico per mano e lo guidò verso un grande ritratto. Poi, con voce fioca mormorò: – Guarda, Lorenzo…non è possibile!–

Il ragazzo sentì un gran caldo nel viso e il cuore accelerò i suoi battiti, mentre fissava attonito e ammutolito la foto di un ragazzo pallido e biondo che sorrideva con una grossa coppa in mano, accanto al suo cavallo.

Fu questione di un attimo. La porta si aprì all’improvviso e un vecchio alto e curvo, con il cappello da cow boy, entrò con una pesante sella fra le mani.

I ragazzi avrebbero gridato volentieri ma la voce non uscì e rimasero impalati davanti a guardare quell’uomo che sembrava uscito da un vecchio film.

– Scusi…abbiamo sbagliato. Cercavamo lo spogliatoio… – fece appena in tempo a farfugliare Lorenzo.

– Oh, non fa niente… Tanto qui non ci viene mai nessuno… – Il vecchio sospirò.

Virginia continuava a fissare incantata la foto.

– Era bello, eh, il ragazzo del Marconi! Mi sembra di vederlo, a distanza di tutti questi anni… . E pensare che, quando successe la disgrazia, aveva appena quindici anni . Lo sapete perché si chiamava con quel nome straniero? La mamma era appassionata di cinematografo e le piaceva tanto quell’attore americano… voi non lo potete sapere perché siete troppo giovani, ma negli anni ’50 tutte le ragazze impazzivano per Robert Taylor! Così la signora Ida il figliolo lo volle chiamare proprio Taylor, anche se il signor Michele lo voleva chiamare Giuseppe, come suo padre.

Non ci fu verso, la moglie non sentì ragioni e il bambino si chiamò come l’attore più bello dei film americani! –

Virginia deglutì e, finalmente, domandò, con un filo di voce: – E che cosa gli successe a … Taylor? –

– Già…voi non siete del posto e non lo potete sapere..Ma, d’altra parte, nemmeno quelli di qui se ne ricordano più, ormai. E’ successo tanti anni fa…Una mattina, scoppiò un incendio nella stalla dove stava il cavallo che il Marconi aveva comprato al figliolo. Era un Quarter, robusto e docile e si chiamava… come si chiamava?–

– Saetta? – azzardò timidamente Lorenzo, impaurito e, al tempo stesso, affascinato da quel racconto.

– Ah, già … Saetta. Sì, ora che me lo dici, me lo ricordo bene.. Ma tu come fai a saperlo? –

Virginia rabbrividì: – Vuol dire che … –

– Il ragazzo corse verso la stalla ma non fece in tempo a liberare il cavallo. Il fieno prese fuoco e l’incendio ridusse tutto in cenere. Taylor e Saetta scomparvero fra le fiamme. Il fumo si vedeva da Sassuolo… Il Marconi morì l’anno dopo dalla disperazione e la povera Ida perse la ragione. Comunque un campione come lui, da queste parti, non si è più rivisto. Ve lo assicuro io! –

Il vecchio ripose la sella in un angolo e i due ragazzi, sempre per mano, uscirono dalla porta come due automi: – Arrivederci… –

– Arrivederci, ragazzi… – sussurrò il vecchio scuotendo la testa.

Virginia, accucciata con il viso schiacciato contro il finestrino posteriore della Tayota, fissava la pianura.

Lorenzo, accanto a lei, non aveva voglia di parlare.

In compenso, la madre di Virginia non la smetteva di commentare la gara, mentre il marito si chiedeva come mai nessuno avesse fame: – Ragazzi, io vi avverto… il primo campanile che vedo, mi fermo e domando di un’osteria. Io ho un certo appetito… –

– Tu pensi solo al tuo bollito, Giorgio. E dire che con il colesterolo che ti ritrovi dovresti mangiare solo verdura e pesce in bianco… –

Virginia aprì il finestrino, per respirare un po’ di aria fresca, anche se sapeva di stalla e di terra umida.

E fu proprio nel girare la testa per guardare la strada, che intravide, con la coda dell’occhio, una figura leggera sbucata da chissà dove.

Il giovane biondo si aggiustò il nodo del fazzoletto e incitò il cavallo . Il luccichio degli speroni balenò nella nebbia e il cavaliere si affiancò all’auto.

Allora tirò fuori dal taschino della camicia un ciondolo legato ad un laccio nero e lo gettò con un gesto rapido e gentile all’interno dell’auto, attraverso il finestrino aperto.

Virginia afferrò il cavallino di Swarovski e lo strinse nella mano, mentre con l’altra si sporgeva a salutare il ragazzo dal viso esangue, i cui occhi smarriti ebbero improvvisamente un guizzo di vita.

Un istante dopo, il cavallo scomparve nella nebbia e l’odore acre della pianura li avvolse con il suo tepore.

In lontananza un campanile faceva presagire l’invitante presenza di una di quelle trattorie emiliane con la bottiglia del lambrusco pigramente appoggiata su una larga tovaglia a quadri.

Commenti

6 commenti a “L’ultima sfida nel far west padano”


  1. Patrizia Maestripieri ha detto:

    lL’argomento di questo tuo racconto che, per quanto io ne so, si allontana un po’ dai tuoi soliti schemi narrativi e’ valorizzato in modo perfetto dalla tua scrittura che, con il passsre del tempo, si affina sempre di più . Brava Laura

  2. Lucia Innocenti ha detto:

    Questo racconto conferma alcune belle qualità peculiari della scrittura di Laura Vignali: la capacità di descrivere gli ambienti più vari in modo che pare proprio di vederli , l’abilità nel delineare efficacemente i personaggi con pochi tratti leggeri e di coinvolgerli in un intreccio misterioso. L’ interesse è nel sorprendere il lettore più che nel metterlo di fronte ad episodi di realistica violenza. Proprio un giallo al femminile!

  3. Roberto Calamai ha detto:

    Anche se è sera inoltrata, mi è tornata la fame a scorrere questo ritratto di un’Emilia così gastronomicamente generosa!
    Battute a parte, cara Laura, non finisci mai di stupirci e anche questo racconto, come gli altri del resto, è magnetico e da leggere tutto d’un fiato.
    Bravissima.

  4. Enrico Nesti ha detto:

    Entrare nella trama degli scritti di Laura e carpire i segreti che offre è sempre un piacere. Anche con questo racconto , Laura dà prova di immaginazione e versatilità non comuni. La sua scrittura coinvolge il lettore in questa storia fantasiosa. Brava Laura.

  5. Daniela Carobbi ha detto:

    Ciao Laura,
    prima di tutto grazie!
    Mi piace sempre di più come scrivi…i fantasmi sono buoni compagni!
    Tantissimi Auguri di Buone Feste!
    Un grande abbraccio!

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