Il dottor Marco Aurelio Pastacorta era colto, scrupoloso e affidabile.
Maria Anellini, a lui coniugata, apprezzava molto le suddette qualità, ma ne gradiva anche l’aspetto fine ed elegante, il fisico longilineo, gli occhi chiari e vivaci.
La pacatezza e la misura che mostrava in famiglia e sul lavoro erano doti davvero rare e Maria continuava a sorprendersi, dopo tredici anni, che un uomo di tale spessore avesse rivolto la sua attenzione proprio verso di lei. Non solo. C’erano altri aspetti, più intimi e segreti, che la gratificavano profondamente…
Tanta perfezione, per cui ogni giorno la Anellini ringraziava in cuor suo il destino, era in parte controbilanciata da una puntigliosità eccessiva, una precisione a volte maniacale e, soprattutto, l’esigenza di programmare in anticipo l’attività lavorativa, ma anche la vita familiare. Nulla veniva lasciato al caso: spese, vacanze, numero dei figli (il sesso ovviamente no, ma a questo aveva provveduto il caso facendo nascere due maschi, secondo i desideri paterni), scuole da frequentare. La precisione di Marco Aurelio era davvero leggendaria. L’ordine regnava nel suo ufficio e nella sua vita, praticava sport (tennis, sci, nuoto) ed era sempre in forma perfetta, salutista nei cibi e lievemente ipocondriaco.
Non a caso, diceva la storica amica Maria Sandrelli, era nato sotto il segno della Vergine.
Maria Anellini non credeva all’astrologia, aveva già troppo da fare per essere all’altezza del suo ruolo, non le interessava sapere se e come gli astri influenzassero la sua esistenza così bella e così faticosa. Ma la sua amica aveva comprato un libro della famosa astrologa Lucia Alberti ed era fermamente convinta che il momento della nascita determinasse carattere e personalità. “Tuo marito ne è la prova – diceva – Chi più virgineo di lui?”.
La signora Pastacorta si stringeva nelle spalle. Lei era del cancro. “Figlia della luna” affermava la sua amica “Sensibile, materna, sognatrice”. Maria Sandrelli, invece, era uno scorpione, per questo erano tanto amiche, diceva.
Comunque, in quella piovosa estate del ’72, le due Marie, oltre a leggere Lucia Alberti, avevano deciso di organizzare un’altra festa di compleanno, dopo il successo di quella della Draga. Il 16 settembre Marco Aurelio avrebbe compiuto quarantaquattro anni e non poteva mancare una cena al ristorante “La seppia azzurra”, dove, con adeguato supplemento, si poteva avere una grande sala riservata con musica e ballo.
Come sempre, la Anellini in Pastacorta temeva di non essere all’altezza. “Ma di cosa?” esclamava l’altra Maria “Non devi cucinare, né sistemare casa. È tutto pronto”.
“Sì, ma vedi, mio marito vuole invitare tutta la crema della società grossetana, tutte quelle signore sempre perfette …”.
“Perché, a te cosa manca?”.
“Oh, Maria mia, lo so che mi vuoi bene, ma sono così pasticciona!”.
“Dai, la festa di tua suocera è andata benissimo!”.
“Sì, ma per caso e comunque in modo diverso da come pensavo. E poi, lo sai, ci sarà anche l’avvocato Dindoni”. E qui Maria assumeva quella sua espressione caratteristica, con gli occhi spalancati su una realtà che la atterriva e la bocca stretta quasi a ripararsi dalle sue stesse parole.
“E dunque?”.
“E dunque – Maria sconsolata – hai presente la moglie?”.
“Certo. presentissima. Mi fa tanto ridere”.
“Ridere? A me mette ansia, così bella, appariscente, sempre perfetta, con quel grandissimo sorriso…”.
“Stai scherzando? Tu sei mille volte meglio di lei!”.
“Ma che dici, Maria? Lo so che mi vuoi bene, ma devi essere obiettiva”.
La signora Stella Dindoni nata Lodi era stata in gioventù Miss Marina di Grosseto. La sua potenziale carriera di attrice o fotomodella si era fermata sul nascere, perché l’avvocato Dindoni, molto più grande e decisamente meno bello di lei, se ne era innamorato e l’aveva chiesta in sposa il giorno dopo la proclamazione.
Da allora la vita della coppia era stata al centro delle cronache mondane, peraltro piuttosto modeste, della Grosseto del boom.
Stella era alta e piuttosto formosa, una maggiorata, si diceva. Somigliava vagamente ad Abbe Lane, sicuramente molto nella rotondità e nel movimento dei fianchi, così come nel seno generoso sempre valorizzato da scollature e preziose collane.
Ma la sua abbondanza non si limitava alle forme. Era particolarmente vivace nell’eloquio, praticamente inarrestabile. La sua modesta cultura non era un ostacolo, anzi. Parlava di tutto, non senza originali svarioni dei quali non si curava, tipo “la sogliola della porta” o “gli analisi del sangue”. I suoi argomenti preferiti, oltre ai figli (che descriveva come due angeli), erano la sua bellezza e i regali che il marito le faceva di continuo.
Superfluo dire che le altre signore dell’ambiente non la sopportavano.
L’unica con cui aveva un rapporto cordiale era proprio Maria Anellini che l’ascoltava sempre rapita e ammirata per tanta sicurezza, bellezza, ricchezza.
Maria Sandrelli le faceva notare che le forme di Stella erano un po’ troppo abbondanti e anche un po’ cascanti, la ricchezza più ostentata che reale. Ma questo, per la Anellini, non contava. Avrebbe voluto essere almeno un po’ come la matrona chiacchierona: sicura di sé, senza paure e dubbi… Invece ne era piena, quasi devastata. E si accentuavano in vista di eventi mondani durante i quali avrebbe fatto fatica a trovare le parole che la Dindoni usava con tanta naturalezza.
Stella Dindoni nata Lodi, quando incontrava qualcuno, al posto di “Come stai?” o “Come va?”, diceva: “Come mi trovi?”. La maggior parte dei suoi interlocutori, però, non gradiva questo incipit e al massimo rispondeva con un sorrisetto di circostanza. Invece Maria Anellini, animata da una ricerca indomita di perfezione e ammirata da chi tale perfezione pareva incarnare, rispondeva sempre gentilmente e con dovizia di particolari. “Stai benissimo, Stella. Più bella del solito. Il blu (o il rosso o il bianco) ti dona tanto. Hai una pelle meravigliosa”. La pelle era per la Dindoni nata Lodi una specie di nume tutelare. Una sorta di passaporto per l’eterna bellezza. In effetti, in parte per natura, in parte per la cura e le continue attenzioni, la signora Stella aveva un colorito particolare, chiaro, ma luminoso, trasparente eppure rosato. “Maria, sai che mio marito mi ha regalato una crema che costa diecimila lire? L’ha ordinata al Vaticano, perché dice che la mia pelle è un patrimonio da salvaguardare”. La Anellini era solo ammirata e mai invidiosa e, soprattutto, aveva sempre una osservazione gradevole da proporre, cosa che la rendeva compagnia graditissima alla ex miss. “Cara Maria, tu non c’eri quando ho vinto il concorso di Miss Marina. Guarda, se non mi fossi sposata, probabilmente sarei arrivata a Miss Italia, non mi mancava niente”.
“È vero, cara Stella. Ma una miss è per sempre, anche se ora fai la moglie e la mamma, rimani sempre la nostra reginetta”.
Maria Sandrelli era divertita, talvolta un po’ irritata, nel vedere l’amica sempre così ossequiosa. “Certo, Maria, solo tu puoi risponderle così. Io mi metterei a ridere. Ma tanto non c’è problema. In quanto moglie di un ferroviere, neppure mi considera”.
La sera del 16 settembre, era un sabato, le due Marie (la Sandrelli senza marito che era di turno al lavoro) si prepararono per l’attesa e un po’ temuta cena di compleanno.
La Anellini, per l’occasione, indossava un abito da sera rosa cipria che valorizzava la sua carnagione scura per l’abbronzatura e la faceva assomigliare a una donna dipinta da Alma Tadema. Quest’ultima osservazione uscì dalle labbra del colto e raffinato Marco Aurelio, letteralmente rapito dalla bellezza della consorte, quella sera più che mai.
La Sandrelli, molto più piccola e meno appariscente, faceva la sua figura in un abitino nero che ne metteva in risalto la snella figurina. Sua figlia Martina scrutava le due Marie con attenzione, con il suo solito modo indagatore, uno sguardo insolito per una bambina di nove anni.
“Allora, Martina, come mi trovi?” disse la Sandrelli scoppiando a ridere “Voglio fare anch’io come la Dindoni!”. Martina, divertita, accennò un sorrisetto guardando la madre . “Sei molto bella, mammina. Ma sei sicura che Maria stia bene?”.
“Perché, cara? Certo, sta benissimo”.
“Ha un viso strano” replicò la bambina.
Maria Sandrelli cominciò a preoccuparsi. Sua figlia era un’osservatrice molto acuta nonostante la giovanissima età. E poi sosteneva di voler fare il medico, per cui stava molto attenta alle condizioni di salute altrui e, generalmente, ci azzeccava. “Però, stavolta – pensò Maria S. – si sbaglia. Maria è talmente bella stasera, in forma smagliante”.
La serata iniziò nella sala migliore del ristorante La seppia azzurra. Tavoli e pareti erano tutti rifiniti in blu, con decorazioni sobrie, ma ben visibili.
Maria Anellini e il suo squisito consorte ricevevano gli ospiti con gentilezza e affabilità.
Per ultimi arrivarono i coniugi Dindoni, lui stempiato e sudaticcio, lei esagerata più del solito nella scollatura e nei gioielli. “Sembra la Madonna del voto” sibilò Maria Sandrelli all’orecchio dell’amica. Stella, che indossava un abito verde smeraldo, si avvicino ai Pastacorta, ma, a differenza degli altri invitati che auguravano un felice compleanno a Marco Aurelio, lei si rivolse alla Anellini e, tanto per cambiare, le disse: “Maria, come mi trovi?”.
La Sandrelli e la piccola Martina si allontanarono per non riderle in faccia mentre ascoltavano la risposta “Oh, Stella, sei bellissima. Ti dona anche il verde!”.
“Chi di verde si veste di sua beltà si fida, mia cara!”.
“Certo, e tu fai bene a fidarti! Guarda che pelle meravigliosa”.
La Dindoni nata Lodi gongolava nel verde del suo vestito nuovo, ma Maria Anellini, improvvisamente, cambiò faccia. Fece una specie di smorfia che l’altra notò e riferì a se stessa “Che c’è, Maria? Ho qualcosa fuori posto?”.
“No,no – lei imbarazzata – è che, ecco, forse sono emozionata”.
“Suvvia, Maria, stai bene anche tu vestita di rosa, certo, se ti abbronzassi meno sarebbe meglio, perché, vedi, la pelle…”.
L’avvocato Dindoni trascinò la moglie verso il tavolo impedendole di finire la frase.
La Anellini, intanto, era rimasta immobile e la sua amica Maria la guardò preoccupata. Che avesse ragione Martina? Ma no, era solo un po’ di stress.
La cena cominciò ed era squisita, ma Maria Anellini quasi non toccò cibo, cosa insolita per lei. L’altra Maria la osservava con un po’ di preoccupazione anche perché di tanto in tanto la vedeva cambiare faccia, quasi le desse fastidio qualcosa.
Dopo cena si trasferirono nella sala da ballo, riservata per loro, dove un complessino suonava canzoni “confidenziali”, da Fred Bongusto a Bruno Martino, i preferiti del festeggiato.
Le coppie iniziarono a ballare, ondeggiando lievemente, tutti molto sorridenti tranne la Anellini che a un certo punto tornò al tavolo tenendo una mano sulla bocca. “Che ti dicevo, mamma?” ribadì la piccola Martina “Non sta bene”.
In effetti, pur sotto l’abbronzatura, Maria aveva cambiato colore, era piuttosto terrea e continuava a inghiottire non si sa bene cosa.
Se ne accorse anche Stella Dindoni che le si avvicinò: “Maria, su, ma quanto la fai lunga. Sta andando tutto molto bene, vedi, quasi come le feste che organizzo io…”.
La Anellini annuì debolmente e fece per alzarsi, ma sembrò sbandare. Ormai la guardavano tutti.
Martina si girò verso la madre e sentenziò: “Secondo me è incinta”.
“Zitta, basta”. Un attimo dopo, inopinatamente, la Anellini cercò di alzarsi di nuovo, ma aveva davanti un matronale ostacolo costituito dalla Dindoni. Così non riuscì ad arrivare al bagno dove era diretta, ma vomitò in modo esplosivo sul vestito verde smeraldo che le stava davanti.
Per poi svenire subito dopo. Quando si riprese, era sul terrazzo del ristorante, sdraiata su un’ottomana. Intorno a lei la sua amica Maria con Martina e Marco Aurelio, preoccupatissimo.
“Che spavento ci hai fatto prendere, tesoro. Ma che ti succede?”.
Martina non seppe trattenersi. “Secondo me è incinta!”.
“Zitta!” la madre, stavolta arrabbiata.
“Ma no, cara, che dici” replicò debolmente Maria. “Ho già quarantuno anni, dai”.
Il dottor Pastacorta era ammutolito. Un imprevisto? Non sembrava possibile, non aveva mai programmato un terzo figlio. Poi si ricordò di una sera, la sera del compleanno di sua madre. Lì sua moglie, così tenera e imbarazzata, aveva toccato le sue corde più profonde, quelle di una inconsapevole seduzione e forse… una disattenzione…
La Anellini, in attimo, si rese conto di un ritardo che non aveva considerato ed ebbe la certezza che Martina aveva ragione. Guardò Marco Aurelio con imbarazzo. Tutto ciò era fuori da ogni programma. Così come lo era stato vomitare sul vestito verde della Dindoni.
Non sapeva quale delle due cose la mettesse più a disagio. Suo marito, fermo immobile, aveva una espressione smarrita che non gli conosceva.
Poi, dopo qualche minuto, Maria parlò: “Come faremo col vestito di Stella, sicuramente gliel’ho rovinato!”. Maria Sandrelli le carezzava la mano e guardava un po’ timorosa Marco Aurelio. Come avrebbe preso questa variazione di programma, lui che pianificava la vita? Improvvisamente, il Dr. Pastacorta si riscosse e sorrise: “Non ti preoccupare per il vestito, Maria, troveremo il modo. Piuttosto ora c’è da pensare ad altri vestitini”. E, strizzando l’occhio a Martina, si avvicinò alla moglie e la baciò.
Fulvia Perillo