Se è vero che le materie che studiamo a scuola hanno – o dovrebbero avere – ben altre ambizioni che farci imparare la data di una battaglia o il nome dei fiumi che attraversano un paese, allora è anche vero che la storia mira a far rifl ettere l’alunno sui molteplici modi in cui l’uomo, nel corso del tempo, si è messo in relazione con gli altri e si è organizzato in istituzioni sociali e civili teorizzandone gli ordinamenti.
Così Santino Gallorini, scrittore aretino e apprezzato studioso di storia locale, con il suo ultimo volume intitolato La memoria riunita. Il partigiano Renzino e Civitella tra bugie, silenzi e verità (Edizioni Effigi), ci offre una ricostruzione fedele e obiettiva dei fatti e delle circostanze che determinarono le efferate stragi naziste di Civitella, Cornia e San Pancrazio nel giugno 1944.
Ognuno, scevro da fraintendimenti o banali interpretazioni, potrà così conoscere appieno uno degli eccidi più feroci del territorio aretino.Un libro ricchissimo, fatto di analisi, parole ben accordate e di tanti documenti che Gallorini, con la sua riconosciuta scrupolosità, ha raccolto. Dagli atti del Processo di Norimberga ai diari e memorie dei testimoni e dei superstiti, dalle descrizioni dei piani bellici dei partigiani, passando per le liste di nomi dei soldati e dei reggimenti, fino alle relazioni dei processi delle varie commissioni parlamentari intervenute sulle responsabilità dei crimini nazifascisti.
Il tutto congiunto in un fondamentale saggio che ripercorre, con il groppo alla gola, il massacro di oltre 200 civili avvenuto il 29 giugno 1944 per mano della divisione tedesca “Hermann Göring”. Cinquanta civili per ogni tedesco ucciso era l’equazione. Giorni prima, infatti, alcuni uomini della banda partigiana “Renzino” avevano attaccato quattro soldati germanici del “Primo Battaglione dell’11° Reggimento Paracadutisti” al Dopolavoro di Civitella, ammazzandone tre. Ecco che, per la prima volta, attorno a questa vicenda si intrecciano la biografia di Edoardo Succhielli – il Renzino che dà il nome alla banda – e le analisi di fonti dirette e delle circostanze in cui avvenne il fatto.
Il mirabile lavoro di Gallorini riesce così a riunire, dopo decenni di “memoria divisa”, gli esponenti della parte partigiana con i familiari delle vittime, che li accusavano di aver provocato la rappresaglia nazista. Come infatti scrive l’orfana Ida Balò Valli nella prefazione, uno dei meriti dell’autore è stato quello di «mettere in luce i limiti, le debolezze e gli aspetti umani dei suoi protagonisti».
Il volume, che vanta il patrocinio della Provincia di Arezzo e del Comune di Civitella in Val di Chiana, è stato pubblicato grazie anche al contributo di Associazione Dopolavoro Ferroviario di Arezzo, Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra di Arezzo, Banca Etruria, Coingas, Fondazione Monnalisa onlus e Società Storica Aretina.
Valentina Paggini – Il settimanale di Arezzo