La lettera sotto la lampada

Ho sempre scritto.
Per lavoro, per diletto, per me.
Molte di queste parole, da anni, sono dentro le cartelle del pc nominate con l’anno in cui sono state salvate.
Mi piace il termine “salva” per definire la volontà di conservare lo scritto.
Come se davvero dovesse essere protetto per viaggiare in un mare virtuale dentro una bottiglia che deve arrivare alla fine senza intoppi. Un viaggio periglioso, evidentemente, nonostante la brevità di un click sul tasto indicato dalla manina con il dito sulla casella.
In un cassetto del vecchio mobile nella stanza da letto ho conservato invece le cose scritte precedentemente e che ho voluto proteggere trattenendole con un elastico dentro una cartellina lucida e trasparente.
Toccare la carta di quelle scritture è un piacere lento e gradevole che ancora mi concedo.
Seguire le linee delle pieghe e trovarci in mezzo le parole di allora che non userei più, adesso.
E poi: ritrovo la minuta grafia che utilizzavo, la rigorosa punteggiatura e l’uso esagerato di punti esclamativi e puntini di sospensione…
E dopo, solo dopo, arriva il corpo delle parole, la trama che le ha collegate l’una con l’altra, la motivazione che allora mi spinse a scrivere invece che telefonare o chiedere un appuntamento.
Quella scrittura ha un’emozionalità molto più intima e discreta.
Si vuole davvero che arrivi a destinazione sicura e senza fraintendimenti.
Si vuole lasciare che quelle parole attraversino anche la stessa intimità di chi le leggerà.
E poi, anche se non lo si dice apertamente, si vuole fare in modo di ricevere una risposta, un pensiero o anche solo un accenno di ringraziamento per il tempo dedicato e volontariamente speso.
Chi riceve una lettera, del resto, può concedersi di immaginare il luogo, la luce, il momento esatto in cui la penna ha posato la sua punta per graffiare la carta con un “Cara… o un Caro…” fino a quando, salutando e augurando ogni bene ha firmato col proprio nome.
Una mail non è proprio la stessa cosa e ancor meno un messaggio su WhatsApp.
Eppure fa piacere lo stesso, scriverli o anche riceverli, così come un like a forma di pollice alto, di cuoricino o di mani giunte a ringraziamento.
E così negli anni, in questi anni veloci e caduchi, ho ripreso a scrivere di pugno.
Sono entrato in una vecchia cartoleria nella mia città d’arte e acquistato fogli di carta con una grammatura a pergamena, delle buste e uno stilo con pennino insieme a un inchiostro color tabacco scuro.
Mi sono accomodato sulla scrivania, ho posato il bel foglio odoroso di pulito e di recente fabbricazione su una cartella di cuoio e ho lasciato che la mano afferrasse il pennino pronto per essere immerso dentro il piccolo contenitore dell’inchiostro.
Mi sono sentito sulle spalle tutte le incurvature di chi per secoli e oltre ha meditato a lungo sulle parole giuste e sui sentimenti adatti; sulle pause, le riletture e le ulteriori aggiunte.
Da quella volta non ho più smesso.
Ogni settimana dedico un momento preparato del mio libero tempo a scrivere lettere.
Ogni volta, conclusa e firmata, mi alzo e la lascio decantare qualche minuto.
Poi, infilo il foglio piegato con gentilezza dentro la busta, esco da casa, arrivo fino a quell’obsoleta cassetta rossa con l’indicazione di “Città” o “Fuori Città” e lascio cadere la missiva.
E mentre torno a casa entro dentro un bar a bagnare il viaggio con un bicchiere.
Oramai, ognuno di questi gesti è diventato un rito.
Una celebrazione, appunto.
E poi aspetto.
L’attesa è parte di questo rituale e così lo sguardo torna volentieri anche verso la mia di cassetta postale nella speranza che il destinatario possa fare altrettanto anche solo per la sorpresa di aver ricevuto quel gesto ancora elegante e prezioso.
Se poi arriverà un messaggio sul cellulare lo apprezzerò ugualmente.

Stefano Lucarelli

Commenti

1 commento a “La lettera sotto la lampada”


  1. Monica Baffetti ha detto:

    Bellissimo racconto reale. Io con la carta ho un bellissimo rapporto al presente continuo ad odorare anche le pagine di libri o riviste perché mi piace il profumo ogni volta diverso che non sa di chimica o altro ma un odore speciale. per motivi di spazio nom riesco a salvare le mie agende o a comprare più libri ma continuo a scrivere anche le cose di lavoro purtroppo aiuta la memoria è un’ancora di salvezza quotidiana per me la carta!! e delle calligrafie ne vogliamo parlare?

Rispondi a Monica Baffetti