La signora Maria Anellini coniugata Pastacorta viveva con soddisfazione mista ad ansietà la sua condizione di moglie e madre benestante.
I suoi gioielli, Giovanni e Andrea, pur se turbolenti, erano ragazzini belli e simpatici. Il coniuge, oltre che ricco, aveva anche un aspetto decisamente gradevole, alto, longilineo e con fantastici occhi azzurri.
Nonostante ciò, un’ansia fluttuante accompagnava le giornate di Maria: la sensazione di non essere all’altezza, abbastanza elegante, abbastanza bella, abbastanza spiritosa… La vita della Anellini era una perenne rincorsa verso il meglio, una continua tensione verso un mitico Eldorado dove tutto sarebbe stato brillante e senza imperfezioni.
A questa faticosa ricerca, già di per sé fonte di affanno, si aggiungevano periodicamente le visite della suocera.
La signora Agata Pastacorta nata Spilla era di origini siciliane (e, diceva lei, con un quarto di nobiltà) ma, a seguito del matrimonio con il signor Pastacorta, alto funzionario dello Stato, si era trasferita in Toscana. Le sue visite, più frequenti in estate quando i Pastacorta si trasferivano al mare, modificavano sensibilmente gli equilibri di Maria Anellini e della sua famiglia.
La signora Spilla in Pastacorta aveva da ridire su tutto. Inoltre, il suo aspetto matronale e imponente, unito a un accento siciliano ancora distinguibile, rendevano le sue affermazioni dure come sentenze della Cassazione.
“Maria, i tuoi figli sono piccoli selvaggi. Non fanno che mangiare, non si lavano, vanno e vengono dalla spiaggia a tutte le ore e, soprattutto, sono evidenti esempi di una educazione troppo blanda”.
“Maria, non sai gestire la servitù, dai troppa confidenza, si vede che a casa tua – e qui aggiungeva una sottile smorfia – non eravate abituati a cameriere e bambinaie”.
“Maria, quando Marco Aurelio torna dal lavoro, dovrebbe quantomeno trovare una moglie elegante e profumata, certo non ancora vestita da mare alle sette di sera, con i capelli in disordine e gli zoccoletti di legno”.
Meno male che c’era l’altra Maria, l’amica storica, che sdrammatizzava la situazione e che aveva soprannominato l’incombente nobildonna “la Draga”.
“Perché vedi, Maria – diceva ridendo – tua suocera è come un drago, sputa fuoco e veleno. Nel contempo, però, è anche come una draga, perché porta via con la lingua tutto ciò che la circonda”.
La Draga era piuttosto diffidente nei confronti dell’altra Maria, anzitutto perché si presentava solo col proprio cognome, Sandrelli.
“Ma mi dica, signora Maria, Sandrelli è il cognome di suo marito?”.
“No, signora Agata, è il mio cognome, Sandrelli, come Stefania l’attrice. L’ha presente? Matrimonio all’italiana”.
“Per carità, un film che sbeffeggia i siciliani! Ma suo marito, invece, come si chiama? Non lo vediamo mai, viene sempre da sola”.
“Mio marito è ferroviere, ha i turni”.
“Ah. I turni”. E qui la grande Agata scuoteva il capo in una complessiva e totale disapprovazione.
Maria Sandrelli, nelle lunghe estati in cui spirava il torrido vento siciliano domestico, tirava su il morale a Maria Anellini facendo l’imitazione della suocera che le riusciva davvero bene.
La Draga, oltre ai piccoli turbolenti pargoli di Marco Aurelio, aveva anche una nipote undicenne di nome Agata, figlia del primogenito, Carlo Felice, ginecologo, sposato con una nobildonna romana.
“Maria, non c’è niente da fare – sentenziava la Draga – La piccola Agata ha un altro stile, è gentile e garbata, fa l’inchino quando mi vede. D’altra parte, sua madre, lo sai, discende da una famiglia che ha espresso anche un papa”.
La Anellini rimaneva umiliata e silenziosa, le si attorcigliavano le mani e i pensieri, priva di rabbia com’era, solo avvilita.
Maria Sandrelli, invece, non perdeva occasione per difendere l’amica durante le incursioni draghesche, tanto che si era auto-soprannominata San Giorgio, dato che combatteva contro il drago e l’avrebbe sconfitto, ne era certa.
Nell’agosto del ’72, andava per la maggiore la canzone di Gianni Nazzaro, “Quanto è bella lei, tu mamma non lo sai…”, espressione di un edipico concetto tutto italiano. Naturalmente alla Draga piaceva molto, più volte Maria Sandrelli l’aveva sorpresa a canticchiarla. “Ci credo, Maria mia – diceva rivolta alla Anellini- che questa canzone le piace. Una draga madre di due maschi, cosa dovrebbe volere di più dalla vita? “quando guardo lei, io vedo gli occhi suoi. Mi perdonerai se un giorno me ne andrò”. Tanta roba”.
La Draga compiva gli anni (settanta) il 13 agosto e naturalmente aveva deciso di festeggiare insieme a Marco Aurelio e famiglia, dato che l’altro figlio e la nobildonna sua moglie d’estate (ma anche d’inverno) erano poco rintracciabili.
“Loro viaggiano, sai, Maria. D’altra parte lei ha cugini sparsi in tutto il mondo, pare che abbia una lontana parentela perfino con la regina d’Inghilterra”.
Maria increspava le labbra e annuiva, pensando ai suoi zii di Scansano che avevano una bella cantina col Morellino, ma certo non potevano competere con Elisabetta seconda.
I preparativi per il compleanno della Draga fervevano. La Anellini aveva invitato a cena, naturalmente, Maria Sandrelli con suo marito (non era di turno) e la loro unica figlia, una bambina di nove anni snella e silenziosa, ma estremamente attenta e concentrata. La signora Agata era più volte rimasta sorpresa quando la piccola Martina le aveva suggerito soluzioni di difficili quesiti della Settimana Enigmistica. “Sua figlia, signora Maria, è una ragazzina davvero competente, non le sfugge niente”.
“Signora, in effetti mia figlia è compatta”.
“Compatta? Ovvero?”.
“Non ha niente di superfluo – diceva Maria ridendo – è tutta essenzialità! E pensare che io l’ho chiamata Martina come la figlia di Milva! Sono nate nello stesso anno. Forse le sarebbe stato meglio un nome più austero, chissà”.
Martina, alla sua tenera età, era già una lettrice instancabile, ma non le faceva difetto, come alla madre, una sottile vena umoristica, tanto più sorprendente quanto inattesa. I due giovani Pastacorta andavano pazzi per lei che, pur leggermente più piccola di loro per età, aveva una fantasia infinita nell’inventare giochi e scherzi. Maria Anellini era molto contenta di questa amicizia. Con Martina i suoi ragazzi si calmavano, diventavano un po’ meno scatenati e poi… nella sua romantica fantasia, immaginava che in futuro, chissà, uno di loro… Forse le due Marie sarebbero diventate consuocere. Ma mancava ancora tanto tempo… E, bruscamente, Maria si risvegliava dai suoi sogni ricordandosi che il 13 agosto si avvicinava e lei non aveva ancora deciso il menu, gli altri invitati… Era una vera frana, pensava di se stessa, perennemente in ritardo, con le parole che le rimanevano in gola oppure uscivano quando non serviva più. Come diceva Maria Sandrelli, lei aveva “lo spirito delle scale”, le risposte arrivavano quando tutto era finito e se ne stava andando. Mai al momento giusto.
Spesso si domandava come aveva fatto Marco Aurelio a sposarla, così incerta e pasticciona. Eppure lui l’aveva proprio voluta, scelta tra ragazze più ricche, più spigliate e sicuramente anche più belle. “Ma che dici, Maria – le diceva la sua amica quando palesava questi dubbi – tu eri e sei bellissima. E anche intelligente. Le tue insicurezze, la modestia con cui ti poni e il tuo frequente imbarazzo fanno parte del tuo fascino!”
“Sarà” rispondeva lei. Ma leggeva una fondata disapprovazione negli occhi della suocera ogniqualvolta dimenticava un impegno o (cosa frequente) non riconosceva una persona.
Il suo numero dell’anno precedente quando aveva attaccato discorso con Ugo Pagliai al Bar Martinelli (“ero sicura di averlo visto nel mio salotto, che fosse uno del consiglio di amministrazione”) era passato alla storia.
Lei stessa l’aveva raccontato a Marco Aurelio che, però, stranamente, non si era arrabbiato, ma aveva riso fino alle lacrime. La Draga, invece, quando lo aveva saputo, le si era rivolta in maniera ironica e pesante, ribadendo che un errore del genere lo poteva fare solo una persona come lei, poco attenta, soprappensiero. Una che, oltretutto, non aveva da fare niente tranne onorare il suo (immeritato) ruolo di moglie di un uomo tanto brillante e stimato.
In fondo era ciò che la stessa Maria pensava: di essere inadeguata alla sua fortunata condizione.
Così, per festeggiare il compleanno della suocera, si era messa proprio d’impegno, aveva perfino ingaggiato una cuoca e invitato un vecchio monsignore sordo e leggermente rimbambito che aveva però il non trascurabile ruolo di guida spirituale della grande Agata.
Aveva inoltre raccomandato ai ragazzi di recitare qualcosa per la nonna, una poesia, un brano d’autore… Qualcosa che li facesse risalire nella sua considerazione, insomma.
“Me ne occupo io” disse la piccola Martina.
“Di cosa, tesoro?”.
“Di preparare Giovanni e Andrea per la festa della nonna”. Maria tirò un sospiro di sollievo. Se ci pensava la bambina, lei aveva un problema di meno. Aveva pensato a cosa potevano recitare i ragazzi, ma le venivano in mente cose improbabili, tipo I sepolcri di Ugo Foscolo o Il cinque maggio di Manzoni. Testi assolutamente fuori tema e fuori luogo, ma non aveva altre idee. Così fu davvero felice che Martina si fosse accollato il problema. Era senz’altro meno svagata e più pertinente di lei.
Giunse finalmente la sera del 13 agosto.
Al tavolo, nella grande terrazza vista mare, sedevano, oltre alle due Marie e ai loro consorti, la Draga, Monsignor Leopoldo, due collaboratori di Marco Aurelio con le mogli, mentre i ragazzi Pastacorta e Martina avevano preferito rimanere in sala, perché, dicevano, dovevano provare la rappresentazione del dopocena.
L’anziano prelato aveva benedetto il cibo a cui aveva poi fatto davvero onore, divorando letteralmente ogni pietanza e annaffiando il tutto con una dose di vino decisamente superiore a quella della messa.
A fine cena, in effetti, don Leopoldo era un po’ brillo e particolarmente allegro. La Draga aveva iniziato sottolineando che da quando non c’era più il suo compianto marito le feste non erano più tali, ma poi si era sciolta, aveva gradito l’ottimo cibo e perfino scambiato qualche parola col marito di Maria Sandrelli, nonostante fosse solo un ferroviere.
La Anellini in Pastacorta era proprio soddisfatta e si stava rilassando. Una volta tanto non aveva combinato pasticci e neppure scambiato le persone. Forse perché erano poche, pensava.
A un certo punto, verso le dieci di sera, mentre il prete era ormai paonazzo dopo l’ammazzacaffè, arrivò Martina, molto elegante in un abitino blu: “Ed ecco ora a voi il Duo Pastacorta che si esibirà in onore della nonna!”.
Tutti si aspettavano una poesia, ma capirono in un attimo che si trattava di altro dato che Martina arrivò con un mangianastri e lo accese. La base musicale partì e i due fratelli, guidati dalla bambina, iniziarono a cantare.
Maria, per un attimo, sperò che si trattasse di un canto di chiesa o al più “quant’è bella lei, tu mamma non lo sai” che piaceva tanto alla suocera.
Invece partirono le note di un tangaccio e i ragazzi, alternandosi, cantarono e mimarono “Agata”, famosa canzone di Nino Taranto, rilanciata da Nino Ferrer qualche anno prima.
“Vivo solo col mensile d’impiegato comunale, spacco lira, spacco soldo e mi spacco pure me, mi arrovello mi arrabatto per accontentare te e tu invece te la intendi col padrone di un caffè!”.
Maria Anellini cominciò a tremare, ohimè, una canzone inappropriata, inadatta come lei…
“Agata, tu mi capisci, Agata, ma tu mi tradisci, Agata, guarda, stupisci, com’è ridotto quest’uomo per te!”.
L’esibizione proseguì tra applausi scroscianti di tutti tranne Maria, completamente paralizzata, e della Draga, perplessa e un po’ scandalizzata dai doppi sensi: “Giocavamo a scopa insieme, ogni sera dopo il tè, ora faccio un solitario, guardo il cielo e penso a te!” .
Ma, sulle note dell’ultimo passaggio, il monsignore, ormai decisamente alticcio, si alzò di scatto. “Ora si arrabbia con me” pensò la Anellini.
Invece, con un balzo impensato per l’età e la mole, il prelato afferrò la Draga per la vita e si lanciò con lei in inverosimili passi di tango.
Martina, soddisfattissima, a sua volta si lanciò in pista trascinando con sé Andrea e invitando i genitori a ballare sulle note di Agata, mentre Giovanni continuava a cantare “Agata, tu mi capisci, Agata!”.
Maria Anellini era immobile e impaurita per la sorprendente e imprevedibile evoluzione della serata.
Poi vide che tutti ridevano e si calmò un po’.
Quando, finalmente, gli invitati se ne andarono, soddisfatti e divertiti, Draga compresa, si girò verso il marito temendo la sua disapprovazione.
Invece Marco Aurelio la strinse a sé. Rivedeva quella ragazza dolce e imbranata che tredici anni prima lo aveva conquistato con le sue gaffes e con la sua pelle profumata. “Marco Aurelio, scusa, io non sapevo che i ragazzi…”.
Ma lui le accarezzò i capelli “Ssst, Maria, non parlare più”. E dolcemente la guidò verso la notte estiva piena ancora di promesse…
Fulvia Perillo