Una scelta particolare, da parte dell’Ordine dei medici della Provincia di Grosseto, di bandire un concorso letterario avente come tema: “La cura” e di pubblicare un libro, edito da “Effigi” a luglio 2022, contenente racconti scritti da ben 23 autori e… tutti medici: certamente affrontano temi diversi, ma ognuno porge il proprio sentire con passione, con vivi moti dell’anima e del pensiero.
In tutto il testo, composto da ben 24 racconti, si depanano vicende umane intense e dal tutto emerge una vetrina di personaggi, i più disparati, che si muovono nei tempi e nelle vicissitudini più diverse e vi si sente aleggiare, in alcune, un lieve sapore di tristezza, in altre una certa tenerezza, in altre un reportage memoriale non indifferente nel quale il canto, comunque, del cuore, sgorga fluido e le immagini risultano efficaci attraverso il narrare nitido e appassionato.
La ricostruzione dell’esistere di tante creature, non sempre immaginarie, diviene, man mano che la lettura scorre, sempre più tangibile e si schiude sulle vicende e le espande, come una finestra spalancata e, ogni frammento, così possiamo definire ognuno dei 24 racconti, è quasi un lampo di luce, un quadro interiore di intuizione ed emozione che evidenziano la profondità di pensiero e, al tempo stesso di fantasia narrante dell’autore.
E a narrare sono “Chirurghi- Odontoiatri- Oncologi- Geriatri- Anestesisti- Neurologi- Medici del lavoro, del pronto soccorso, delle emergenze territoriali- Psichiatri- Terapeuti del dolore e Rianimatori- Internisti- Medici di continuità assistenziale- Medici d’urgenza e Farmacologi- Medici di famiglia- Radioterapisti- Anatomo-patologi- Urologi- Pediatri- Neurochirurghi- Medici specializzati in malattie tropicali”e, dunque, se ci chiediamo perché a scrivere sono proprio coloro che rappresentano una delle più alte professioni, dobbiamo percorrere ciò che è stato scritto, nel tempo, da famosi personaggi.
Carlo Dossi diceva che “tra medicina e letteratura è corsa sempre amicizia” per significare che tra queste due discipline, così solo apparentemente lontane, vi è sempre stata una certa attrazione fatale, forse proprio quella che ha dato vita a questo testo e, per parafrasare Pascal, le ragioni del connubio fra medicina e letteratura sono, molto probabilmente, “ragioni del cuore”.
Storico è il rapporto tra le due “arti”: infatti Apollo era considerato Dio della medicina e Dio delle Arti, rappresentando lo stretto rapporto che può intercorrervi.
Molti medici-scrittori famosi , hanno dettato definizioni su questo tema: la più particolare, espressa su tale rapporto, mi è apparsa, senz’altro, quella data da Anton Cechov, il più paradigmatico medico-scrittore: “La medicina è la mia sposa, ma il vero amore lo faccio con la letteratura”.
Non mi è sembrato, tuttavia, nel leggere queste pagine, con immediatezza, per la scorrevolezza che le caratterizza, che si giunga a questo punto e mi sono ritornate in mente le parole del filosofo, scrittore, linguista e politico Carlo Cattaneo a questo riguardo: “….le lettere devono riuscire ad essere quasi il solo rifugio e ristoro che il medico, senza essere infedele alla sua vocazione, possa avere per mano…”, considerando lo scrivere del medico, come una fuga da una vita molto sistematica, molto continuativa, ma in effetti, a me, non appare assolutamente che sia proprio così, perché, nello scrivere, il medico osserva il suo mondo operativo e tutto l’universo intorno sotto un altro angolo di visuale, sì, ma non per rifuggirne, anzi per immettervi, ancor più, tutto se stesso.
Nella storia, il primo medico scrittore è stato San Luca, Medico ed Evangelista, quale autore del 3° Vangelo e degli Atti degli Apostoli e poi, volendone ricordare altri: Rabelais, frate non convinto, ma medico scrittore, uno dei più grandi medici-scrittori comici e Bulgakov, che ha riversato, più di ogni altro, nelle sue pagine letterarie, la propria esperienza lavorativa e il grande inglese Cronin e Conan Doyle, autore di un capolavoro letterario assoluto, che, attraverso la figura di Sherlock Holmes, ha introdotto, per primo, il metodo scientifico nella risoluzione dei delitti e anche Watson era medico e Bell, il suo maestro.
E preme ricordare lo svedese Munthe e il francese Céline, la cui frase più famosa è rimasta senz’altro questa: “La vita è questo, una scheggia di luce che finisce nella notte” e poi citiamo gli italiani più famosi: Levi-Bedeschi- Tumiati- Tobino- Tacconi- Bonaviri – Vitali e, perché no? …. I Nostri, coloro dei quali oggi siamo qui a presentare l’opera che risulta essere dettata da una fonte d’ispirazione comune, la Professione per esplicare, però, anche la propria “Arte”, degni rappresentanti dell’essere “uomini” fra gli “uomini”.
Un cardiologo odierno, Francesco Fiorista, a questo proposito, ne ha dato una lettura che io condivido in pieno: “…il medico dedica tutto il suo tempo e la sua opera all’uomo, all’uomo, per giunta, ammalato e, quindi, può essere capace di condivisione e amore. L’unicità di ciascun paziente può avvicinarlo non solo ad una maggiore conoscenza dell’altro uomo, ma anche all’immaginario artistico e può toccare l’etica più profonda dei valori umani: le due figure possono coincidere, chè, doppiamente, quindi, si dona agli altri e chi è costui? Proprio il medico-scrittore”.
E in ogni pagina si riesce, come ho già accennato, a riscontrare stati emozionali e lucide introspezioni e il linguaggio si alterna, a seconda dell’autore, fra dimensione descrittiva, cronachistica e una sorta di metamorfosi tematica che lascia intravedere le pulsioni dell’inconscio o una ferma percezione dell’attuale.
Forti, in ogni narrazione, si avvertono l’esigenza comunicativa e i percorsi esistenziali, che, pur differenziandosi, risultano tutti di estremo interesse e partecipazione, mentre le immagini e i linguaggi si allineano nel parlare dei personaggi, degli accadimenti, dei contatti umani e indagini problematiche di coscienza.
Messaggi, comunque, rapidi che tralasciano inutili e dispersive digressioni per subito delineare trame essenziali e dinamiche per esprimere contenuti anche forti, indaganti sui nodi dell’esistere umano, con percorsi di avvicinamento alle verità di vicende individuali o collettive, sempre presenti nel cammino delle pagine.
Si passa da toni quasi colloquiali su verità di vita a cronache di vissuti, anche drammatici, talvolta, con interrogativi profondi che sembrano frantumarsi nella varietà delle cose e nei segmenti dello spazio e del tempo: e tutto il testo sembra, così, comporre un affresco di sofferta umanità, ricca, sempre, di una sua nascosta bellezza, la vita, sempre, quella vita che gli “scrittori” cercano di salvare, sempre e in ogni modo, nella loro professionalità dai risvolti profondamente umani e relazionali e di continua ricerca ed aggiornamento.
Il piglio di queste 23 voci sa ben toccare luoghi e periodi che ci appartengono e che fanno parte integrante della nostra quotidianità e perciò risulta estremamente convincente, perché sa cogliere, traducendole, poi, in scrittura ed immagini, le vibrazioni dell’ineffabile mondo del sentimento, quello che, inequivocabilmente, anima lo spirito del medico e che gli fa riconquistare, sempre, la propria coscienza e i brividi più difficilmente captabili e i balenii più rarefatti del proprio esistere e quello del paziente: è così, che in ogni narrazione si avvertono sprazzi di scoperta che conquista con la forza della sua urgenza e della sua intensa ricognizione in una regione di valori spirituali profondamente avvertiti e portati avanti in piena consapevolezza e coscienza.
Importante sottolineare l’origine “sannita” di tutti gli scrittori, che in questo testo si sono “raccolti” e nel quale, a pagina 148, si parla di tanti medici di valore accomunati dalla stessa origine: “Scuola medica sannita del Novecento” e auspicare che ancora tanti giovani e non soltanto di questa regione prendano veramente esempio da tali professionisti per scegliere questa delicata, ma al tempo stesso meravigliosa professione, con uguale impegno e dedizione, con animo pronto e attento alle necessità del genere umano.
Dott.ssa Giuseppina Scotti