Ogni giorno la cronaca ci riporta tante storie di uomini, donne e bambini costretti ad affrontare pericolosi viaggi per mare e per terra alla ricerca di una vita migliore lontano dal proprio paese d’origine, in fuga dalla guerra e dalla povertà.
Di grande attualità, il tema della migrazione trova uno spazio importante anche nella letteratura. C’è una grande esigenza di raccontare, di lasciare una testimonianza del dolore, della disperazione, ma anche della voglia di riscatto, della lotta contro le avversità, di far conoscere che esiste, non solo nelle fiabe, il lieto fine.
L’Italia di oggi è un paese che offre asilo ogni giorno a migliaia di migranti, provenienti da tutto il mondo. Ma è esistito un passato non lontano in cui le precarie condizioni di vita costringevano gli italiani alla fuga da una terra ingrata, in cerca di fortuna, di lavoro, di realizzazione personale.
Di questo passato è preziosa testimonianza il libro di Livio Maccari, diario autobiografico in cui l’autore rievoca le sue memorie a partire dalla Seconda Guerra mondiale fino agli anni Ottanta. Nella più vasta cornice della storia italiana, attraverso i grandi eventi del secondo Novecento, dalla guerra al boom economico degli anni Sessanta, ai grandi mutamenti sociali e politici che mutarono il volto del paese, Livio ci racconta la sua vita e la sua storia d’amore con la moglie Liliana, di come egli lasciò il suo paesino di montagna, la toscana Badia Tedalda, alla ricerca di fortuna prima in Francia, a Thionville, nel distretto della Mosella, e poi a Torino. Con tutto il suo entusiastico ottimismo e la perseveranza nel voler realizzare le proprie ambizioni, Livio riesce a costruire un futuro migliore per sé e per la sua famiglia. Grazie al coraggio che ebbe di emigrare, egli trovò il proprio spazio nel mondo; e la sua storia a lieto fine ci lascia un bell’insegnamento: tutti possiamo realizzare i nostri sogni, se ci crediamo davvero e non perdiamo mai la speranza, se viviamo tutti i giorni con il sorriso e la voglia di mettersi sempre in gioco.
Letizia Aggravi