Riportiamo il messaggio del prof. Franco Contorbia a Roberta Trice con la recensione del romanzo “Frontiere”
Gentile Signora,
certo che ho letto il suo libro. Le confesso che, prima che me lo spedisse, ignoravo il suo lavoro di narratrice, mentre mi era ben noto quello di saggista, a partire dall’occasione che si produsse qualche anno fa con il suo saggio su Benjamin Crémieux. La distinzione di ‘generi’ ha naturalmente una sua ragion d’essere, ma fino a un certo punto, poi, dal momento che anche nella dimensione del racconto lei non ha mai dimenticato e non dimentica la sua (originaria?) vocazione saggistica. “Frontiere” rientra a pieno titolo in quest’orbita, percorso com’è da uno scoperto filo shakespeariano che suggestivamente si intreccia alla narrazione e all’orizzonte (dico in fretta) utopico e visionario entro il quale la narrazione si inscrive. In un certo senso, si può legittimamente sostenere che tutto è stato detto (da Dante, da Shakespeare), ma non, in fondo, una volta per tutte. La sua abilità è consistita nel prendere le mosse da un argine assai solido di cultura letteraria profondamente metabolizzata e interiorizzata per tentare una avventurosa scommessa su un futuro oggi altamente precario e ipotetico. Occorrevano, io credo, determinazione e coraggio, a mettere in atto un’impresa del genere, e mi pare che lei abbia felicemente saputo dar prova dell’uno e dell’altra.
La prego di credermi con la più viva cordialità
il suo Franco Contorbia.