Pronte le scarpe, pronti pantalone e giacca pesante, pronto oltre la porta.
Oggi andrò a incontrarla: è un appuntamento fisso, quasi necessario, imprescindibile.
Quando non la vedo, mi manca, e appena la saluto mi sembra un’eternità che stiamo insieme: la stessa emozione della prima volta.
Acqua, pane cacio e qualche noce, mi fanno compagnia nella bisaccia. Il bastone in mano è solo per sicurezza, non per necessità. Il cappello mi protegge i pochi capelli e alcuni dei pensieri più cari. Nelle saccocce qualche foglia e un paio di fiori per colorare il piatto più tardi.
Mi conduco fino allo svincolo presso la fonte, scarto di lato e inizio la salita lungo il sentiero prima battuto, poi sempre più sdrucito.
Salgo e guardo: ogni volta rapito, ogni volta sempre allo stesso modo.
È questo il segreto dell’amore, del resto, i gesti si ripetono sempre uguali eppure non se n’è mai stanchi.
E a me, l’amore, piace.
Mi piace la sua ebrezza ma anche l’imprevedibilità, l’inaspettato, la coincidenza inattesa.
L’amicizia è un’altra cosa: più strutturata, radicata, quasi inamovibile.
Salgo ancora e oltre il costone, e finalmente la vedo: la raggiungo e la tocco.
Il muro grande e solido, la leggera inclinazione dovuta agli anni, quel modo austero e arcaico che ha di sporgersi verso la valle appena sotto.
La mia piccola pieve isolata si nutre della corrente che risale.
Offre l’appoggio alle ali di passaggio, scambia l’aroma pietroso con l’ombra.
Una volta accomodato accanto a lei non so mai quando me ne andrò.
Sdraiato, conto i ciottoli posati a malta uno per uno.
Saggio sul palmo la pelle ruvida del suo portone ferroso.
Nelle sue trame, gli anni restanti della mia vita.
Ultimamente, fuori dal suo ingresso, vedo scarpe lasciate per chi ha voluto offrire i piedi nudi sulla pietra in omaggio.
Sono scarpe di gente di città.
Salgono fin qui a cercare risposte dentro la piccola volta dell’abside.
Sono sempre più numerosi. Trovano l’accordo tra la sacralità del luogo e la loro ricerca spirituale.
Nella fratellanza si adoperano in cerchio.
Ascolto il loro sussurro.
Un po’ di quel fiato battezza il mio ossequio.
Tratto dal libro di racconti “La vita seconda dei paesi” di Stefano Lucarelli
Sembra di esserci, lì in quel momento. Insieme a te, al tuo zaino e ai tuoi pensieri .
Come una magia. Come sempre quando scrivi tu.
Grazie davvero
È vero Stefano … noi che veniamo dalla città “offriamo i nostri piedi nudi alla pietra in omaggio” e “troviamo accordo tra la sacralità del luogo e la nostra crescita spirituale”. Con queste parole hai decritto perfettamente la situazione e lo stato d’ animo. Hai illuminato il nostro cammino e il vivere “la vita seconda dei paesi” . Adesso si capisce bene perché “Una volta accomodato vicino a lei non so mai quando me ne andrò “. Proprio questo si prova. Grazie per aver dipinto cosi bene il nostro stare li.
Stefano…bellissime ed emozionanti come sempre le tue descrizioni ed i tuoi racconti da cui si percepisce un amore grande per la natura , per la vita …che riesci a trasmettere a chi ti legge. Bravissimo! Ti abbraccio forte . Beatrice
Stefano dovrebbero chiamarlo al premio Strega purtroppo ci offrono letture mille miglia lontane dalla sua poesia. Grande Stefano grazie
Grazie Stefano, come sempre ci fai emozionare.
Anche a me piace l’amore!
Grazie Stefano, un abbraccio
Che bello Stefano, grazie! bravo davverobuon cammino