Parliamo di un libro pieno di idee meravigliose; un testo davvero intelligente: “La storia dei grandi romantici inglesi” di Emilio Cecchi. Un testo che parla di letteratura, di parole, di storie, di emozioni grandi che diventano cultura e speranza. Cerchiamo di leggerlo insieme. Di capirlo. Di riassumerlo. Per riflettere. Si parla di Europa, di cultura europea. Italia, Inghilterra e Paesi Bassi, paesi uniti, tutti quanti, da un insieme di scrittori, filosofi e poeti. La grande pittura italiana e veneziana (Canaletto) di quel periodo (tra Seicento e Settecento) influenzerà la letteratura e la poesia inglese; e lo stesso faranno i ritrattisti dei paesi fiamminghi. Ritratti di vita domestica e borghese. Come dice Emilio Cecchi, scene ispirate a fatti ed a piacere di una vita prosaica e comune, non originale. Pensiero unito da un ideale comune. Insieme di artisti geniali che hanno arricchito il panorama culturale europeo. Nomi di scrittori importanti, per l’Inghilterra. Henry Carey e la sua immaginazione intensa. John Gay un favolista amico di tutti, e poi William Collins (nato nel 1721) con le sue poesie esotiche e lontane per un popolo che si allarga verso i continenti da poco scoperti grazie alle colonie. Ed ancora il Gray e la sua estetica nuova e il suo impegno per la natura. Il Gray grande conoscitore dell’Italia e uomo coltissimo. E poi il Thomson: nuovo Virgilio bucolico che parla anche lui di natura e, in questo breve frammento, di neve: “Le terre amorosamente coltivate portano la loro veste invernale del bianco più puro”. Continuiamo questa carrellata con un altro grande poeta inglese da conoscere e da apprezzare, William Blake. Un uomo di lettere che visse quasi sempre nell’isolamento e che fu un convinto assertore delle idee giacobine e per questo critico nei confronti delle religioni. In lui, nelle sue poesie, tuttavia, permane un anelito religioso e spirituale fortissimo: come quando descrive la figura dell’Agnello mansueto che dona gioia all’uomo. Anche in lui la natura e la descrizione della campagna. Versi bellissimi e ispirati. Sono tutti autori del settecento inglese che Emilio Cecchi racconta nel suo libro. Ma ora proseguiamo nella lettura, parlando di un genio, Coleridge. Scrittore, poeta e saggista di argomenti religiosi ed economici. Il suo fuoco creativo? Dal 1795 al 1800. Grandi ideali e valori parlano in lui. La sua poesia tratta di questi temi. E poi la rivoluzione: magnifica ma lontana dalla sua sensibilità. Parliamo della sua opera “Ode alla Francia” scritta nel 1798. Una passione lo anima, l’amore per il suo tempo. E poi la magia, l’incanto, lo stupore, il genio più puro. Ascoltate questi versi: “Ormai so che la Natura non abbandona chi è savio e puro di cuore, essa riesce così a tenere il cuore sveglio all’Amore ed alla Bellezza”. Parole che dicono tanto anche a noi distratti lettori di quest’epoca così poco sensibile a questi eterni valori di purezza spirituale. Stessi versi meravigliosi di una poesia eterna e vera si ritrovano sempre in “Gelo a mezzanotte” con la sua quiete profonda ed anche in “L’Usignolo” e le sue stelle velate e la sua natura non malinconica ma piena di gioia, di gioia sempre. La sua poesia, ci desta lo scritto di Emilio Cecchi, è sostanzialmente pittura o meglio ancora un movimento di danza. E lo abbiamo visto poco prima e abbiamo capito in questo modo molte cose. C’è un’altra osservazione che si trova nel libro e che ci aiuta a capire l’importanza del Coleridge, ed è la sua somiglianza alla pittura tipica degli orientali. Nella sua opera infatti si risente del clima di esotismo ed orientalismo tipico della cultura europea di quel periodo. Gli orientali, infatti, attraverso il visibile fanno intuire la grandezza del mistero e del trascendete. Così è la poesia del Coleridge. E la sua vita? Nel libro di Cecchi ci sono diversi riferimenti alla vita privata del poeta. Una vita ricchissima di stimoli culturali, fin dall’infanzia grazie al padre raffinato studioso e dotto di greco e di latino. Poi l’adolescenza e il primo matrimonio con una nota attrice. L’amicizia con tanti intellettuali e l’impegno come scrittore e saggista e la collaborazione con diversi prestigiosi giornali. Poi due viaggi. Uno in Germania dove il Coleridge si appassiona alla tradizione romantica tedesca dei Lessing, Shiller e Goethe. Ed un secondo itinerario, a Malta, qualche anno dopo. Poi il ritorno in Inghilterra e, per lenire dolori fisici e morali l’avvicinarsi ad esperienze dolorose. La separazione della moglie. Ed, infine, la vecchiaia serena nell’isolamento conventuale di Highgate e la visita frequente e felice di personaggi illustri per il futuro del suo paese, l’Inghilterra. In conclusione, possiamo dire di avere studiato questi poeti stranieri per capire meglio i nostri. Sappiamo più cose. È un invito alla lettura ed alla maggiore conoscenza di scrittori europei. La nostra casa editrice Adelphi ha pubblicato un notevole lavoro: la lettura dei libri è sempre uno stimolo culturale. Grazie.
Corrado Caruso