Ironico volume di Luca Vivarelli, non solo pistoiese, non solo toscano, in cui il riverbero del dialetto più armonioso si spalma come un sugo di fegatini sulle fantasie culinarie a basso profilo gourmet. Viva la cucina povera allora, se è come quella che ci propone Vivarelli, capace di suscitare sempre buon umore e uno sguardo attento ma sarcastico sul vivere quotidiano che è scandito dalla tavola… e da una sorta di resistenza alimentare che allude alle piccole botteghe con simpatica malinconia…
Lo sappiamo tutti, siamo in un periodo di crisi. L’Unione Europea fa pressioni all’Italia affinché il debito pubblico diminuisca. A pagarne le conseguenze siamo noi cittadini, il cui imperativo di vita è risparmio.
Se alla crisi si aggiungono, il bio, le farine esotiche, “i sommellieri dell’aria fritta, gli speculatori dell’ideuzza, i sostenitori del biotrogolo” – come scrive Luca Vivarelli – siamo spacciati.
Dobbiamo quindi dire addio agli alimenti più costosi, come carne e pesce, e di conseguenza ai piatti più prelibati?
No! Per non rinunciare alla buona cucina basta ingegnarsi, come ci insegna Luca Vivarelli in “Le ricette al tempo della BCE”, un libro di ricette che sarebbe più corretto chiamare manuale di sopravvivenza.
Comprando, o magari facendosi regalare con qualche trucchetto, le parti meno nobili della carne, gli scarti dell’ortolano e raccogliendo le erbe, si possono ricreare ottimi piatti della tradizione.