La mezzadria è un tipo di patto agrario che ha caratterizzato i rapporti fra proprietari e contadini dal Medioevo alla metà del Novecento in gran parte dell’Italia centrale e soprattutto in Toscana. La famiglia contadina viveva nelle case coloniche, all’interno delle unità poderali, ed era costituita da tre, se non quattro, generazioni (dai nonni o i bisnonni ai figli ed ai nipoti, con le rispettive mogli) e tutti partecipavano ai lavori agricoli, con mansioni diverse a seconda del genere e dell’età, ma in una collaborazione organizzata in maniera tale da ottimizzare la resa della terra, che era nell’interesse dei contadini, in quanto i ricavi erano divisi con i proprietari, in origine in una quota del 50%, successivamente in percentuali diverse. Da qui la costante valorizzazione degli appezzamenti e la diversificazione delle produzioni. La mezzadria ha quindi influenzato sia il paesaggio agrario, sia l’organizzazione sociale delle zone in cui ha avuto diffusione.
Il volume di Alessio Banini, rielaborazione della propria tesi di laurea in Antropologia Culturale ed Etnologia, discussa presso l’Università degli Studi di Siena, analizza la fase terminale di questo sistema di produzione agricola, che ha aperto la strada ad una fase di ammodernamento ed industrializzazione. Il territorio preso in esame è quello della Valdichiana senese, ma è emblematico di quanto è accaduto in tutte le zone che erano state caratterizzate dalla diffusione della mezzadria. Il processo di cambiamento è stato rapido, ma non ha chiuso in maniera netta con il passato, in quanto si notano elementi di adattamento e sopravvivenza, che vengono messi in luce dall’A. attraverso l’analisi delle scelte effettuate dai mezzadri, che sono state di volta in volta differenti. In particolare l’analisi di Banini si concentra sulle vicende della fattoria Abbadia di Montepulciano, con un’indagine svolta attraverso le interviste agli ex mezzadri, che hanno permesso la ricostruzione di genealogie e mappe abitative. I risultati sono stati confrontati ed ampliati con lo studio dei libretti colonici delle famiglie e dei registri della Camera di Commercio, oltre che di quanto si conservava di contratti ed archivi aziendali. L’incrocio di tutti questi dati ha consentito di ricostruire, oltre alle storie di vita delle varie famiglie mezzadrili, le vicende storiche della fattoria, soffermandosi soprattutto sul periodo che va dall’immediato secondo dopoguerra agli anni ’70, nel quale si sono concentrate le disdette dei mezzadri.
Il volume si apre con una breve analisi socio economica della mezzadria e della situazione generale delle attività produttive nella Valdichiana senese degli anni ’50 e ’60 (più precisamente dal 1951 al 1971), per proporre poi una rassegna, breve, ma puntuale, della storiografia in materia. La parte centrale del volume, naturalmente, è concentrata sulla storia della fattoria dell’Abbadia, dai successivi assetti proprietari al lavoro, dalla famiglia mezzadrile all’istruzione, per concludere con le storie di alcune delle famiglie che lavoravano nella fattoria. Lo studio di Banini finisce qui, ma il libro non è giunto che alla sua metà: segue un’ampia appendice in cui si riproducono interessanti foto d’epoca, che ci mostrano personaggi e momenti di vita contadina, già illustrati nel testo; quindi vengono proposti gli alberi genealogici di alcune delle famiglie mezzadrili della fattoria (altri erano stati presentati nella parte precedente, quando si parlava delle loro storie). La parte successiva, l’ultima del libro, seguita soltanto dalla bibliografia, è dedicata alla trascrizione delle interviste (ampi stralci si trovavano anche nel testo). Questa presenta un interesse duplice, non legato soltanto, cioè, ai contenuti del racconto fatto dagli intervistati, quello che ha consentito tutta la ricostruzione storica dell’A., ma anche agli aspetti linguistici che emergono dalle parole dei protagonisti. Siamo di fronte ad un dialetto che va scomparendo sia da un punto di vista sintattico che lessicale; forse sarebbe meglio dire che ci vengono proposti gli ultimi esempi di una lingua ormai desueta e pressoché sconosciuta alle nuove generazioni e che proprio queste interviste ci “fotografano” e riescono a conservarcela, come patrimonio culturale, che viene messo anche a disposizione di chi volesse affrontare degli studi dal punto di vista dialettologico di questo territorio, che è, come già detto, la Valdichiana senese. E questo, a mio avviso, rende tale parte del volume di Barnini non meno importante di quella di studio socio economico della mezzadria e del dopo mezzadria.
Enzo Mecacci
Bullettino Senese di Storia Patria, CXXI-2014