I racconti del grillo parlante di Fabrizio Tondi

A volte per andare avanti bisogna fare un passo indietro. Da “Dentro il nido dell’aquila” a “La penna dell’uccello grifone” Tondi aveva affinato la sua capacità narrativa rimanendo fedele alle tematiche a lui care: la genuinità, l’organicità e la profondità che la riscoperta della tradizione può far riemergere. Questa volta si tratta però di un’opera che torna indietro, riscoprendo il linguaggio dei bambini; eppure solo questo poteva permettere all’autore di fare il vero progresso. Perché? Le fiabe sono divertenti e si leggono tutte volentieri. Le illustrazioni di Cinzia Bardelli sono fantastiche e la grafica, in generale, è curata da lasciare a bocca aperta. Quello che impressiona è come l’autore sia riuscito a non perdere nulla della sostanza che caratterizzava i romanzi e a trasferire tutto quello che poteva nel linguaggio delle fiabe, probabilmente andando ad arricchire il messaggio anziché a impoverirlo. La forma implicita lascia spazio al mistero e moltiplica il valore dei simboli. Il mondo è diviso in due, se vogliamo, oggi come ieri. Da una parte il popolo e la natura, dall’altra la grandezza delle nazioni, la tronfiaggine della politica e dell’esercito, la potenza un po’ torva dei ricchi; l’emisfero attivo invece di essere criticato viene, giustamente, mostrato vittima delle beffe del mondo, con ironia. Un magnifico mondo quello dell’Europa del primo ottocento, dove si davano battaglia residui di vecchio regime, antichi araldi, borghesi di città con forti pulsioni arrivistiche, militari formati un po’ alla vecchia scuola, anche quelli con i più forti ideali repubblicani. E ancora: possidenti e signorotti, specialisti del corpo umano farneticanti una scienza esatta ben lungi dall’affermarsi come tale. A fare lo scenario immobile, la base terrigna di tutta questa baraonda, c’erano gli analfabeti, gli ultimi, che vivevano in comunione con la natura, guardando un po’ alle antiche dottrine religiose un po’ alle nascenti, zoppicanti, spinte stataliste e positiviste, senza mai schierarsi definitivamente da una parte o dall’altra. Il linguaggio è finalmente calibrato all’uso che se ne vuole fare. Come un compositore orchestrale che si ripiega nella musica da camera e scoprendosi un musicista perfetto, Tondi è passato dai romanzi alle fiabe dando alle stampe finalmente un libro a cui non trovo mezzo difetto, un’uscita da punteggio pieno.

Giovanni Fabbrini

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