Il libro di Cinzia Della Ciana è stato recensito da L’indice dei Libri del Mese, uno dei più autorevoli e longevi mensili italiani di informazione culturale.
Un fiume sotto il fiume
di Enzo Rega
Acqua piena di acqua è un romanzo dolente come possono esserlo certe scritture di Anna Banti. Nel libro di Cinzia Della Ciana si dipanano le storie di tre donne nell’arco di un secolo (un secolo interiore, intimo, appena sfiorato dalla grande storia), recuperate attraversi un andirivieni nel tempo, per cui quello del racconto o dei racconti non coincide con il tempo della storia o delle storie. Ma il racconto non è frammentato. È invece un flusso narrativo, come un corso d’acqua che scorre arricchito dai rivoli che nel suo procedere raccogliel Le varie dimensioni esistenziali e i relativi episodi sono paragonati alle “forme dell’acqua” tanto che è come se l’acqua stessa, con le diverse caratterizzazioni e aggettivazioni, venisse ribattezzata: pensiamo ai diversi termini che gli antichi greci avevano per dire “mare” (L’acqua cheta, L’acquitrino, Le acqua rotte sono titoli di alcuni capitoli). E, a proposito dei greci, il senso dello scorrere della vita (“un fiume sotto il fiume”) nonché la stessa sostanzialità femminile e materna dell’acqua (ciò che dà la vita, ma anche la toglie) ci richiamano un Eraclito e un Talete.
La tensione narrativa tiene sino alla fine, parlandoci del dolore del corpo e della mente, con il quale siamo messi duramente a confronto, ma con un’apertura finale. Con l’ultima delle donne le cui vite si succedono, con Ludovica, figlia di Anna e nipote di Letizia, l’acqua è il mare di Portofino inquadrato da una finestra aperta. Ma è con la donna di centro, Anna, e con un suo brusco risveglio il primo gennaio 1961, che si apre il libro, per poi riavvolgere intorno a questa data il tempo che precede e quello che segue: un risveglio da un incubo notturno che si proietta negli incubi quotidiani della vita diurna. E così trovare la madre, Letizia, caduta ai piedi di una scala, la madre precipitata nel vortice della depressione a cui si cerca di dare rimedio con buone dosi di elettroshock (una terapia che diventa “un buco nell’acqua”, così come recita il titolo di un capitolo). In cima alla scala, prima della scoperta, Anna così intuisce il gorgo che risucchierà tutti: “Si affacciò alla ringhiera fasciata di lamina plastificata di triste celestino. Guardò giù in fondo alla tromba scura. Sentì il vuoto che inghiotte. Si sentì risucchiare. Come l’acqua che scorre sul lavandino e si avvolge a spirale prima di sparire nel buco nero dell’imbuto”. Sensazione che è ricordo: è, quello di guardare “l’acqua uscire dal collo del rubinetto e arrotolarsi giù dentro al foro”, un rituale ossessivo della madre che la figlia piccola non capiva e che ora diventa metafora di un’inquieta educazione esistenziale, di un’incapacità ad adattarsi alle convenzioni di Anna stessa, fino a Ludovica che la sorte sa sfidarla con la curiosità.
Non ultimo dei pregi del libro è la scrittura: una scrittura che mantiene il suo equilibrio compositivo pur a fronte del dolore che affronta, e il cui impasto risente, rinnovandola, della nostra tradizione letteraria. La scrittura è allora largo fiume che ci conduce alla fine del racconto assumendo assumendo direttamente una scansione lirica: è una poesia a chiudere il libro. Ciononostante, per il resto, questa scrittura, pur scorsa in profondità dalla poesia (un fiume sotto il fiume anche in questo caso), resta prosa quando dev’essere prosa, cioè quando racconta. Un giusto equilibrio tra la prosa e il “poetico”.
L’indice dei Libri del Mese – dicembre 2016
Congratulazioni!!!